La mossa “Kansas City”

Roma, Italia, Novembre 2012

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“Professore.. non credo di poter più seguire il corso”
Tu ci metti una vita, a formare uno studente, a plasmarlo. Gli crei le basi, gli costruisci un futuro. Lo fai soffrire un po’ – come è giusto che sia – ma gli dai delle enormi gratificazioni, le stesse che lui dà a te ogni volta che conclude un compito impeccabilmente.
Poi, il tuo paese, decide che lo stesso studente per cui tu hai impegnato anni interi nella sua formazione culturale e lavorativa, non può più seguire il tuo corso perché l’Università, per qualche minuto di ritardo nel pagamento della tassa d’iscrizione alla magistrale, ti raddoppia il costo della mora.
E anni di lavoro mandati a puttane.
“E ora come si fa?”
“Prof, mi capisca, so’ parecchi soldi e le soluzioni so’ poche: o trovo un lavoro che mi permetta de resta’ qui a Roma, o sarò costretto a torna’ a Latina, dai miei..”
“A fare il fruttivendolo?”
“Beh è ‘n lavoro..”
“Anche la ricerca lo è”
“Ma non è pagata..”
“Lo sarà! Te lo assicuro!”
“Sì ma non ora!” sbotta infine.
Mario ha 31 anni e vive a Roma da 7. L’ho formato io. Solo ed esclusivamente io. Non posso perdere uno studente in questo modo. Non me lo posso permettere! Di studiosi di qualità ne capiteranno 2 o 3 in tutta la vita di un ricercatore.. non lo accetto!
“Te la trovo io una soluzione Mario, non ti stare a preoccupare..”
“Professo’ certo che invece mi preoccupo! Il problema principale di questa situazione è già dalla prossima settimana non saprò minimamente dove dormire!”
“Tu vai.. ci aggiorniamo domani. Fidati di me!”
Quando sono sotto pressione non lavoro mai bene, non allontano la gente per scortesia.
Purtroppo però lui la vede come una mancanza di rispetto, e offeso, si avvia fuori dall’aula.
Mi lascio andare sulla sedia e la sciatica mi ricorda che devo riposare ogni tanto.
Rimetto il computer nella valigetta e torno a casa, sconsolato.

È nell’assurdo, nello straordinario, che si cela ogni soluzione.

La Juventus di Conte, l’invincibile vecchia signora, sta vincendo ovunque. Sono due anni che è così. È non solo inarrestabile, ma anche umile. E tutto questo è insopportabile per ogni altro tifoso di ogni altra squadra del paese.
In tutto questo, io e la mia eterna consorte – una weiss – siamo seduti a vedere la partita e lo scenario sembra il solito: rigore per la Juventus al primo minuto. L’Inter sembra inerme e Arturo Vidal porta in vantaggio la capolista. Non si prospetta una grande serata, e quindi appoggio la mia mezza Franziskaner in frigo e inizio a lavorare ad un testo di un laureando. Fa schifo. Credo proprio che gli chiederò di rinviare la laurea di un mese.
Quanto vi fa incazzare un professore così, eh? A parte le battute, farà anche schifo, ma non lo costringo a rinviare il momento più alto della sua vita – anche se molti dei miei colleghi lo fanno, spesso e volentieri – per la bruttezza di un’opera che nessuno leggerà.
Mi siedo di nuovo e cambio canale. Stanno facendo Slevin – Patto Criminale, con Josh Hartnett e Bruce Willis.
C’è la scena iniziale, in cui un burbero Bruce sta spiegando ad un attoruncolo da strapazzo cosa sia la “Mossa Kansas City”.
Mentre tutti guardano a destra, tu vai a sinistra..
Poi, all’improvviso, sento un boato. Tutti, contemporaneamente, nel mio palazzo, indistintamente dalla provenienza o dal tifo, lanciano grida di gaudio forsennato. Poi penso all’Inter.
Penso che non si tratta più di un tifo contro un altro, ma di un vero e proprio accanimento di tutte le tifoserie italiane contro la Juventus.
C’è una sorta di enorme romanticismo dietro il calcio in sé. Ve ne racconto un esempio: durante Tottenham-Besiktas, una partita di Europa League, all’improvviso le luci dello stadio si sono spente tutte. Salta la corrente. Allora tutti – tutti, senza nessuno escluso – i tifosi accendono accendini e cellulari, creando così una flebile luce che illumina il campo, come a dire “Noi ci siamo, vogliamo vedervi giocare”. Un’enorme coltre di luci. Questo è romanticismo puro.
Nel frattempo, Milito fa sognare l’Inter, ma a me non interessa. Sono stato incuriosito dalla portata del boato. Troppo rumoroso per essere un semplice urlo di un tifoso che mi abita vicino. E poi, abitando al primo piano di un palazzo fatto di cinque, non dovrei sentire tremare i vetri per delle urla.
Mi affaccio, quindi, dalla finestra: tutte le finestre dei palazzi circostanti sono chiuse o serrate, illuminate a puntini dalle luci delle televisioni accese. Ogni romano sta guardando la televisione e sta gufando la Juventus.
Poi, davanti a me, un leggero velo di fumo mi entra negli occhi. Qualcosa sta bruciando!
Abbasso lo sguardo e noto un buco nella gioielleria al piano terra. Stanno facendo una rapina, come diavolo ho fatto a non accorgermi della bomba?
Noto i ladri uscire di corsa con sacchi e perle ovunque. Sembra una scena che potresti tranquillamente trovare in un fumetto di supereroi. Peccato non avere la calzamaglia, ma il pigiama.
Senza curarsi della mia presenza, li vedo spaesati nell’accorgersi che nemmeno l’allarme ha attirato nessuno. Sono tutti troppo concentrati a guardare la partita.
Mi irrigidisco quando dopo un’altra decina di minuti sento di nuovo urlare. Stavolta senza nessun rumore di sottofondo. Ancora Milito. Ancora l’Inter.
Poi rifletto.
E se..

“Mi dica professore”
Mario è nervoso, affranto. L’ho convocato con poco preavviso alle 9 di mattina in facoltà.
“Rapine”
Lui rimane in silenzio. Non capisce.
“..rapine?”
“Rapine, sì”
“Ma lei non dovrebbe, tipo, suggerirmi qualcosa di legale? Devo anna’ a ruba’!?” ride sarcastico.
“No, non tu. Noi.”
“Pure lei? Ma dai prof, ma le pare che me metto a fa’ le rapine co’ lei.. ma che è, sembra una barzelletta da De Sica..”
“Finanzio io” rispondo solenne.
Tiro fuori una busta bianca, una classica mimetizzazione di semplice carta da bollo. Dentro, però, ci sono 5000 €.
Di scatto, Mario si alza, impaurito. “E mo’ questi?! Che so’?!”
“Quello che ti serve per recuperare i materiali per farla”
Non sono mai stato così serio, e mi viene anche da ridere.
“Tutto quello che devi fare è farle in un momento in cui tutti sono distratti, così, mentre loro guardano a destra, tu sgusci a sinistra..”
“Ma che è, Slevin?”
“..no” rispondo imbarazzato.
“Professo’ me lo stavo a vede’ pure io.. so’ laziale, a me de’ Juve-Inter me frega poco..”
“Vabeh, in definitiva è questa l’idea: rapine durante le partite di Serie A. Concludiamo il ciclo a Capodanno. Così, durante i botti di fine anno, facciamo game over. Il tutto esaurito. Il gran finale”
Questa ultima parte della conversazione lo fa sedere.
“Pensaci: stai buttando all’aria tutto quello per cui hai lavorato, per cosa? Perché l’Università è esosa, spilorcia, attaccata ai soldi? E tu i soldi li prendi a loro! Non faremo nulla di cattivo, niente banche, niente gioiellerie: solo ed esclusivamente giustizia”
“Giustizia?”
“Sì, giustizia! Il segretario della facoltà era pronto ad inviarti un’e-mail nel momento stesso in cui non avresti più pagato? Ha un’Aston Martin parcheggiata sotto casa. Il rettore non viene incontro ad uno dei suoi migliori studenti perché non sa neanche come si chiama? Gli rubiamo la raccolta delle lettere del suo caro zio Benito che hanno una valenza di almeno 5 milioni di €. Giustizia”
“Lei nun sta bene..”
“No, sono semplicemente saturo”
“..ma m’ha convinto”
“Cosa?”
“Sì, m’ha convinto.. alla fine neanche a Latina avrei ‘n lavoro, non troverei nulla de bono lì. E lascia’ l’Università co ‘na triennale è da pajacci.. che ce fai? Famolo.”
“Quando?”
“La prossima settimana. C’è er derby, Lazio-Roma. È perfetto”

“Professo’.. ma nun se sente molto Walter White?”
“Non so nemmeno chi sia.. stai zitto!”
Per essere un pomeriggio di inizio Novembre fa molto caldo. Il rettore Mazza non è nella sua villa, e noi ne stiamo approfittando. Ci siamo minuti di una bomba fatta in casa, di arnesi per scassinare e di passamontagna.
“Quanto cazzo fa callo professo’..”
La villa ha un balconcino, leggermente basso. Io non posso arrivarci, la mia sciatica non lo permette. Ma Mario sì.
“Devi salire”
“Ma chi?”
“’sto cazzo Mario! Tu!”
“Ma è matto?! Mo’ s’è messo pure a pja per il culo?! Nun me sembra ‘r caso adesso no?!”
“Forse non ci siamo capiti. I testi della via di Mussolini sono nello studio del rettore. E il balconcino è collegato esattamente allo studio”
“Ma lei che ne sa che stanno la’!”
“Ce li ho messi io! Glieli ho venduti io con una minusvalenza. Contento?!”
Mi guarda. Vede il mio viso furioso e si decide ad arrampicarsi sulla grondaia.
Non devo essere un grande spettacolo quando sono nervoso.
Sento urlare. Guardo il telefonino. La partita è iniziata da poco e ci siamo già persi il primo gol della Roma per sfruttare il boato. La Lazio ha pareggiato con Antonio Candreva. Ne abbiamo perso un altro.
“Forza Mario sbrigati!”
“Dieci minuti professo’ e so’ pronto!”
Il nervosismo mi mette caldo. Finalmente mi levo il passamontagna.
Faccio respirare la pelle in una decina di minuti, e sento le prime gocce di sudore scivolare nella camicia azzurra.
Un altro urlo di gioia. Miroslav Klose fa passare in vantaggio la Lazio.
“Allora?!” Sussurro fortemente alla fine dei 10 minuti.
“Ce stamo! Ce sta una porta mezza blindata all’entrata della libreria.. l’ho messa lì la bomba”
“Ora dobbiamo aspettare il momento giusto.. quando senti gridare, fai saltare la porta e metti i libri con la titolazione ‘Vita di Mussolini’ dentro la scatola. Ok?”
“Daje prof” dice alzando leggermente il tono.
“Stai zitto! Che ti urli!”
“Scusi!”

Ad inizio secondo tempo, Stefano Mauri fa il terzo gol.
Mario attiva la bomba e cado dall’urto. Non che sia un’esplosione epocale, ma non mi reggo in piedi facilmente.
Non scatta nessun allarme, mentre Mario posiziona i libri nello scatolone.
“Forza forza forza!” intimo allo studente.
Poi l’allarme scatta, nel momento in cui sta lanciando il maltolto.
Scende di corsa dal cornicione e sale in macchina.
Ho appena salvato la carriera di uno studente promettente. Forse un po’ coatto, ma geniale. Mi sento decisamente una persona migliore in questo momento.
Arriviamo con la macchina al mio appartamento. Lo vedo contento, eccitato. Deve aver risolto gran parte dei suoi problemi, sia economici che emotivi. Deve aver raggiunto una sicurezza che pochi, oggi, possono permettersi di raggiungere. È felice. Voglio assolutamente assaporare in qualche modo questa felicità. Un futuro studioso di psicologia è appena arrivato all’El Dorado.
“Che cosa assurda.. come ti senti?”
“Nun ce credo.. nun ce credo!”
“Hai visto?” sorrido, mentre gli mostro lo scatolone.
“Eh? Ah sì quello.. sì sì, fico prof.. però..” mi continua a guardare.
Non capisco. “Che c’è?!” chiedo dubbioso.
“A professo’.. je n’avemo fatti 3!”

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